William Blake, l’immaginazione al servizio del Divino

Alcuni lo conoscono come incisore di pregio; altri come un pittore originale; ciò che invece è parte poco conosciuta dell’opera di William Blake sono le sue formidabili poesie.

Nasce a Londra a metà del Settecento, quasi in contemporanea con quel periodo che gli storici definiscono la nascita della Rivoluzione Industriale. L’Inghilterra consolida in quel periodo il ruolo di potenza egemone europea e di conseguenza anche le arti e la letteratura ne risentono.

Blake, come alcuni predecessori e altri a seguire, è un visionario, un artista a tutto tondo con lo sguardo che lontano. Terzo di sette figli, apparteneva a una famiglia di media estrazione, di confessione Morava e non Anglicana. La religione così entra a far parte della vita del giovane e questo ne influenza le scelte e colma il vuoto di una mancata istruzione scolastica, cui prova a porre rimedio la madre.

Dopo un apprendistato in una bottega, ha tutte le carte per iniziare la carriera di incisore. Per via del carattere a volte impetuoso, realizza le prime incisioni dopo il matrimonio. Poco dopo è il turno della prima raccolta di poesie, Schizzi poetici.

Insieme al fratello apre una tipografia e collabora con un editore controcorrente, creando così un luogo di ritrovo per tanti intellettuali e artisti alternativi dell’Inghilterra di allora. Solidarizza con i ribelli americani e i rivoluzionari francesi, ma ha a disgusto il regime dittatoriale di Robespierre.

Proprio in quel periodo scrive una delle più intense e belle poesie a noi giunte, La tigre, nella traduzione di Ungaretti:

«Tigre! Tigre! Divampante fulgore

Nelle foreste della notte,

Quale fu l’immortale mano o l’occhio

Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

In quali abissi o in quali cieli

Accese il fuoco dei tuoi occhi?

Sopra quali ali osa slanciarsi?

E quale mano afferra il fuoco?»

Prosegue indefesso nel proprio lavoro di incisore: ricordiamo ai più che egli realizza delle immagini per le opere di Chaucer (I racconti di Canterbury) e persino quelle per la Divina Commedia di Dante.

Riguardo all’ultima, essa è l’ultima fatica dell’artista, prima di morire; tanto che Blake, dopo aver letto i versi, scrisse:

«Ogni cosa nella ‘Commedia’ di Dante dimostra che, per scopi tirannici, egli ha fatto di questo mondo le fondamenta di tutto e della Dea natura e non dello Spirito Santo».

William Blake scompare nel 1827, mentre è al lavoro sulle incisioni della Commedia, davanti alla propria consorte. L’artista durante tutta la sua vita mostra una netta intolleranza verso la schiavitù, crede nella uguaglianza di sesso e razza e rifiuta ogni genere di autorità imposta.

Non a caso, Northrop Frye sostiene che la raccolta di versi di Blake «in rapporto ai reali meriti, è il corpus poetico in lingua inglese meno letto».

A questo aggiungiamo che lo stesso autore introduce un concetto importante, relativamente al proprio pensiero base: «L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa.»

E infine: «Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.», anticipando di oltre un secolo un titolo di Huxley e alcuni brani cantati da Jim Morrison.

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