CORSI DI AFFETTIVITÀ/RELAZIONI/NON VIOLENZA A SCUOLA SONO DAVVERO UNA NOVITÀ?

CORSI DI AFFETTIVITÀ/RELAZIONI/NON VIOLENZA A SCUOLA SONO DAVVERO UNA NOVITÀ?

CONSIDERAZIONI E RIFLESSIONI ALLA LUCE DELLA QUOTIDIANA DIDATTICA

 

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha sconvolto l’Italia intera. Dopo le prime reazioni di rabbia, incredulità e costernazione, si è passati al momento della riflessione per cercare di arginare il fenomeno. E tutti hanno voluto dire la loro, cosa forse spontanea e naturale, ma non per questo sempre opportuna.

Si è cominciato a parlare di “educazione alle relazioni/all’affettività” e qualcuno ha ben pensato di volerla inserire tra le materie scolastiche, invocando, addirittura, la sua valutazione in termini di profitto. Il Ministero di viale Trastevere ha previsto 30 ore annue extracurriculari di “corsi anti-violenza”, sottolineando che “l’iniziativa segna un importante cambiamento nel sistema educativo, mirando a sensibilizzare gli studenti sulle tematiche della violenza e del rispetto reciproco” (Orizzonte scuola, 29 novembre 2023). Ora, non mi dilungherò nel dire che l’educazione si dà in famiglia: a quello pensano già psicologi e psichiatri e non voglio addentrarmi in una disamina per cui non possiedo le competenze. Parlerò, però, di ciò che conosco meglio: la scuola e l’insegnamento. Sono una docente di lettere di Liceo Scientifico e posso affermare con sicurezza che a scuola l’educazione alle relazioni, o all’affettività, o all’antiviolenza, o al rispetto, o all’inclusione, o… aggiungete voi ciò che volete, si fa già. Ogni giorno, tutti i giorni, in ogni ora. Come? INSEGNANDO!

E sì, perché non si insegna Dante senza dire cosa è l’amore, cosa è il rispetto della donna e della persona: un esempio? Il canto V dell’Inferno in cui l’amore di Paolo e Francesca viene in qualche modo salvaguardato e protetto: Dante, autore cristiano, condanna un amore adultero, ma nello stesso tempo concede ai suoi protagonisti dei privilegi nella bufera infernale in cui i lussuriosi scontano la pena. Paolo e Francesca sono, infatti, le uniche due anime a cui è concesso di restare insieme (“ Poeta, volontieri/ parlerei a quei due che ‘nsieme vanno,/ e paion sì al vento esser leggeri” Inf. V, 73-75; “questi, che mai da me non fia diviso” Inf. V, 135); inoltre, la rabbia è lo stigma delle anime dannate, ma Francesca, che dialoga con Dante, si differenzia per la gentilezza, nel senso stilnovista di “nobiltà d’animo”, del suo parlare e, addirittura, vorrebbe augurare la pace al pellegrino e mostra il rimpianto di non avere amico il Re dell’universo (cfr ibidem, 91). Quello rappresentato è, quindi, un amore che nobilita anche nell’inferno, luogo di dannazione per eccellenza; un amore che forza, in qualche modo, il giudizio implacabile di Dio.

E sempre restando a Dante: cosa dire di uno dei suoi più famosi sonetti “Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia” in cui Beatrice, la donna amata dal poeta, è rappresentata quasi come una apparizione divina al punto che tutti gli uomini davanti a lei restano in silenzio e con gli occhi bassi, quasi in atteggiamento di adorazione? Non è educazione all’amore, davanti al quale si tace per paura di ferire? Non è educazione al rispetto, per cui la donna, o comunque la persona amata, viene trattata con delicatezza e sensibilità per non offenderla o mortificarla?

E parlando de “I Promessi Sposi”, non si educa forse all’affettività condannando la turpe ossessione di Don Rodrigo nei confronti di Lucia, persecuzione a cui fanno da contrappunto i rossori sulle gote, i sentimenti appena sussurrati, le lacrime di nostalgia, i sospiri segreti, le preghiere, gli slanci di affetto e di protezione impulsivi, ma veri e puri dei due promessi?

E se si parla di arte, come non restare incantati e non vedere il vero amore, quello libero, quello che fa volare, in un pittore, ad esempio, come Chagall che dipinge lui e la sua donna in volo nei cieli azzurri? E come non restare incantati davanti alla notte stellata di Van Gogh che ci fa respirare l’infinita bellezza delle stelle e sembra farci ascoltare l’arcana melodia che da esse promana e penetra l’anima fino a commuoverla e a farle cantare inni di amore e bellezza? E tutto ciò non educa alla pace e alla non violenza e non smuove emozioni a cui i ragazzi dovranno imparare a dare un nome e che hanno a che fare con l’infinita armonia del tutto?

E davanti all’infinito può esserci ancora voglia di volgersi al brutto? E ancora una volta mi faccio aiutare dal Sommo Poeta:

“A quella luce cotal si diventa,

che volgersi da lei per altro aspetto

impossibil che mai si consenta” (Paradiso XXXIII, 100-102)

Io mi commuovo pensando alla proporzione aurea e a come è la regola che informa di divino la natura ed è presente anche nel corpo umano; davanti alla scienza e alla fisica che spiegano i misteri del cosmo e che ci raccontano la vita in tutta la sua perfezione e complessità e davanti alla filosofia che, con Platone, ad esempio, parla delle “cose dell’amore”.

In sostanza, dire in ogni dove e presentare come una novità che a scuola saranno attivati “corsi di affettività/relazioni/non violenza” dimostra solo che, forse, della scuola si conosce ben poco.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Un commento su “CORSI DI AFFETTIVITÀ/RELAZIONI/NON VIOLENZA A SCUOLA SONO DAVVERO UNA NOVITÀ?”

error: Content is protected !!