Intervista a Stefano Baldinu: poeta nei versi, poeta nella vita

 

Stefano Baldinu è nato a Bologna e risiede a San Pietro in Casale (Bologna). Diplomato in Ragioneria, scrive poesie dal 1998, ma solo dal 2009 inizia a partecipare regolarmente a concorsi nei quali ha ottenuto numerosi e lusinghieri riconoscimenti sia per la poesia in lingua italiana che in quella in vernacolo. Baldinu ha inoltre svolto, con passione e impegno, la funzione di Presidente di Giuria e di giurato in alcuni dei più importanti premi letterari nazionali. Ha al suo attivo la pubblicazione di sei libri di poesie. Le sue liriche sono particolarmente apprezzate per i temi sociali trattati e per il magistrale uso della lingua. Baldinu, oltre ad essere uno dei poeti contemporanei più premiati, è particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica.

Quali sono gli aspetti stilistici e contenutistici che caratterizzano la tua poesia?

Parlare della propria poesia credo che non sia mai facile. Tanto meno lo è per me. Dal punto di vista stilistico posso affermare che il mio verseggiare utilizza da sempre una metrica libera avendo ben presente la ricerca della massima musicalità possibile. Metrica libera che, a mio avviso e a costo di attirarmi aspre critiche da chi utilizza la metrica tradizionale, non vuol dire verso libero ma la libertà di far “cantare” il verso senza porre costrizione alcuna. A tal proposito si è rivelato un maestro fondamentale il grande Eugenio Montale in quanto pur conoscendo e sapendo utilizzare alla perfezione gli strumenti metrici variava la lunghezza e la cantabilità del verso in relazione all’argomento da esporre. Per ciò che concerne i contenuti questi spaziano dalla natura, con particolare attenzione alla sua interazione con gli stati d’animo umani,  alle tematiche sociali fino agli avvenimenti della nostra storia moderna e contemporanea a partire dal Novecento ad avvalorare il fatto che il poeta non è un essere avulso dalla società ma in esso ben radicato e presente e con il ruolo importante di raccontare i mutamenti, fin troppo rapidi, del mondo che ci circonda senza tralasciarne gli aspetti più drammatici e controversi.

L’uso del dialetto può essere in qualche modo un limite o è un elemento che aggiunge valore al tuo poetare? Nello specifico pensi di esprimere meglio la tua sensibilità artistica in lingua italiana o in logudorese?

Sin da quando nel 2015 ho iniziato ad approcciarmi alla scrittura in dialetto ho potuto constatare come questo non rappresenti affatto un limite, bensì un valore aggiunto al mio fare poesia in quanto le lingue dialettali con il loro humus di termini, spesso intraducibili in italiano, restituiscono il volto autentico e la ricchezza di ogni singolo territorio. Nella specifico della mia esperienza pluriennale di scrittura in dialetto, quasi esclusivamente in Lingua Sarda Logudorese, ho potuto appurare come riesca ad esprimermi con la stessa efficacia di quando lo faccio in lingua italiana. In questo, devo ammettere, di essere stato agevolato dalla spiccata musicalità del Sardo Logudorese consentendomi di non dover apportare alcuna modifica al mio modo scrivere.

Forse questa domanda ti potrà apparire banale o scontata ma io non resisto alla voglia di chiederti quali siano i tuoi poeti di riferimento…

Qualcuno ha detto che “le domande non sono mai banali, al massimo possono esserlo le risposte”. Pertanto ti ringrazio di questa domanda. Nel mio caso posso parlare di poeti fondamentali sia in occasione della mia “iniziazione” alla poesia che nel successivo percorso formativo di crescita. Percorso che dura tuttora. Fra questi posso sicuramente citare: Pablo Neruda, Octavio Paz, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Pierluigi Cappello, Silvia Bre, Antonella Anedda, Milo De Angelis. A fianco di questi grandi vorrei citare alcuni colleghi autori che ho avuto il piacere di conoscere e, in svariate occasioni, frequentare i quali sono diventati autentici punti di riferimento: Rita Muscardin, Tiziana Monari, Nunzio Buono, Loretta Stefoni, Umberto Druschovic, Lucia Lo Bianco, Fabrizio Bregoli, Ivan Fedeli, Davide Rocco Colacrai, Sonia Giovannetti, Angelo Taioli, Fulvia Marconi, Dario Marelli, Edoardo Penoncini.

Secondo Aldous Huxley:  “ La memoria di un ciascun uomo è la sua letteratura privata”. Concordi con questa affermazione e in che misura?

Concorso pienamente con questa affermazione. Ogni cosa che abbiamo fatto o del quale siamo stati consapevolmente, o inconsapevolmente, protagonisti diviene memoria e quindi capitolo del proprio romanzo privato. Una persona senza memoria è un libro piano di pagine bianche.

Quanto delle tue radici troviamo nelle poesie che scrivi? Quanta Sardegna e quanta Emilia?

Ti potrà sembrare strano ciò che ti sto per dire ma le mie radici compaiono molto poco nei miei testi o quanto meno non in modo rilevante. Per quanto concerne la Sardegna posso affermare di essermi appropriato, o riappropriato per essere corretto, delle mie radici isolane quando ho deciso di intraprendere la scrittura in dialetto e avendo optato per la Lingua Sarda lo sforzo di studiare e imparare una nuova lingua ha sicuramente contribuito a questa riscoperta che sonnecchiava latente in me. Sicuramente la stesura della silloge “Boghes/Voci” (ed. Puntoacapo 2021) mi ha permesso di radicare maggiormente, cementare il legame con l’isola. Dell’Emilia o, più precisamente, della Bassa Padana dove vivo da vent’anni si può avvertirne la presenza in alcune mie poesie dove le descrizioni di naturalistiche o paesaggistiche si fondono a particolari stati d’animo.

Stefano, tu hai partecipato con successo a molti concorsi letterari, con quale criterio scegli quelli a cui partecipare? Sei solito leggere i componimenti vincitori degli anni precedenti? In tal caso questa influenza la scelta delle liriche da inviare?

Le modalità con le quali scelgo di partecipare ai concorsi sono principalmente le seguenti: la sede dove si svolgerà la premiazione e se questa sia facilmente raggiungibile anche con mezzi di trasporto, l’entità della quota di iscrizione, se le sezioni siano esclusivamente a tema libero o a tema, se in caso di impossibilità a presenziare alla cerimonia finale di un premio si possa ricevere a domicilio il riconoscimento e anche in un certo qual modo chi sono stati i premiati nelle edizioni precedenti. A queste aggiungo sicuramente il sempre attuale “passa parola”. Avendo occasione di parlare con altri colleghi mi capita spesso di ricevere segnalazioni di concorsi ai quali inviare le mie opere. Generalmente non leggo mai i componimenti dei vincitori delle precedenti edizioni di un premio e pertanto sono libero di scegliere le liriche da inviare al concorso sulla base delle mie sensazioni di quel momento o spinto dalla curiosità di scoprire, nel caso in cui il testo sia poi premiato, come le varie giurie percepiscano e valutino un mio lavoro.

Quali sono i limiti che da giurato riscontri maggiormente nelle poesie dei partecipanti?

Avendo maturato una discreta esperienza in qualità di giurato in diversi concorsi letterari posso affermare che fra i limiti riscontro sempre con maggiore frequenza la scarsità o totale assenza di rilettura di ciò che viene scritto. Questa superficialità porta nella quasi totalità dei casi a: non accorgersi di aver ripetuto più volte lo stesso un sostantivo o un aggettivo all’interno di due/tre versi, mancato rispetto dei tempi verbali, punteggiatura inserita a caso e non ultima la scarsa documentazione o approfondimento di una determinata tematica. In quest’ultimo caso è come se dinanzi ad uno specchio d’acqua ci limitassimo ad osservarne la superficie senza la necessaria curiosità per attraversarla e scoprire cosa ci sia al di là.

8 Secondo te quanto è importante per uno scrittore partecipare a questi concorsi, ma anche a readings e salotti culturali? Ciò può degenerare in una forma neppure troppo celata di narcisismo?

Giudico molto importante partecipare a concorsi, a readings e salotti culturali per chi scrive sia in versi che in prosa. È in questi contesti dove è possibile incontrare persone che hanno in comune la medesima passione per la scrittura e dove convergono idee, proposte, stili a volte agli antipodi che è possibile ricevere quegli input di crescita e maturazione per costruire poi una propria personale voce letteraria. Ben vengano gli sforzi di tante associazioni culturali che si prodigano in tal senso e auspico un sempre maggior coinvolgimento degli Enti Pubblici nel dar loro il giusto e doveroso supporto.

Spesso ti vediamo declamare le poesie dei tuoi colleghi, cosa questa molto apprezzata, quanto riesci a calarti nei panni dell’autore e nel sentimento che lo hanno portato a comporre detti versi?

Non è facile rispondere a questa domanda. Con mia grande sorpresa il riscontro alle video letture che eseguo sui testi di tanti miei colleghi è sicuramente oltre ogni mia lusinghiera aspettativa considerato che sono un professionista della declamazione e il tutto è nato per caso nel 2020 quando nel pieno della pandemia per lunghi mesi non riuscivo a scrivere versi. Non saprei spiegare con esattezza come riesca ad entrare nei panni dell’autore, nelle sue emozioni, nelle sue parole e anche nei suoi silenzi, ma posso affermare con certezza che ogni volta in cui mi capita di interpretare un testo poetico ne vengo assorbito a tal punto da viverlo pienamente in ogni suo lemma. Solo provando le stesse sensazioni di chi ha scritto quei versi posso restituirle a chi mi ascolterà con la stessa forza dell’autore.

Stefano hai scritto qualcosa per il teatro? Hai pensato di farlo? Quali progetti hai per il futuro?

Ho iniziato a dedicarmi alla scrittura per il teatro da circa due anni. Il teatro è la mia seconda passione dopo la poesia. Penso che se non avessi imboccato il sentiero della poesia avrei intrapreso la stesura di testi per il teatro. Sin qui ho scritto alcuni monologhi e un atto unico i quali hanno avuto, con mia grande sorpresa, un lodevole riscontro in alcuni concorsi letterari. Per il futuro vorrei approfondire e migliorare la mia scrittura e via via abbracciare anche i generi tragico e comico con la stesura non solo di atti unici ma anche di opere più ampie e complesse.

Hai più volte espresso la tua sincera ammirazione per il ruolo che la creatrice di questa pagina, la dottoressa Alessandra Prospero, ha come promotrice culturale, giornalista, poetessa ed editore in un panorama culturale troppo soventemente affollato da persone prive di spessore. Qual è il tuo messaggio per lei e per chi segue il blog Poesia Femminile Singolare?

È vero ho più volte espresso, quando me ne è stata concessa l’opportunità, la mia profonda ammirazione per la persona della dottoressa Alessandra Prospero. Posso sicuramente annoverare l’incontro, in occasione dell’esperienza quale giurati del Premio Letterario L’Arte in Versi, con lei quale uno dei momenti fondamentali nel mio percorso di crescita umana. Per me rappresenta un punto di riferimento importante per comprendere con quale passione, determinazione, trasparenza e umiltà ci si debba approcciare nella quotidianità di ogni giorno. È stato sufficiente ascoltarla per rimanerne ipnotizzato e comprendere quanto persone come lei siano l’asse portante del fare cultura in Italia. Alessandra Prospero è una delle persone più preparate e competenti che conosca e sono lieto che il percorso da lei intrapreso, a prezzo di notevoli sacrifici, nel campo dell’editoria, un ambiente tutt’altro che semplice, le stia restituendo le soddisfazioni che merita. È di queste eccellenze che abbiamo bisogno, del loro saper fare, del loro saper lavorare con passione e dedizione per tenere viva la cultura. A lei va il mio augurio affinché possa raggiungere insieme ai collaboratori della sua casa editrice, la Daimon, nuovi importanti e prestigiosi traguardi

Grazie Stefano per la tua gentilezza e speriamo di poterti ospitare di nuovo.

Grazie a te Luciano per la piacevole chiacchierata e a Alessandra Prospero per l’opportunità concessami all’interno di Poesia Femminile Singolare di potermi raccontare.

 

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