‘Lo statico volo d’una rima’ di Federico Del Monaco, ovvero della necessità dell’amore, della necessità della poesia

Lo statico volo d’una rima , Federico Del Monaco

Della necessità dell’amore, della necessità della poesia

 

La cura nella scelta della parola. La musicalità dei suoni, dei versi, delle strofe. La capacità di raccontare e di raccontarsi, di poetare quella lotta che buona parte di noi, consapevole o no, si trova ad affrontare nel corso della propria vita: contro un processo di appiattimento che ci vuole tutti uguali; contro l’idolatria dell’apparenza; contro i nostri sogni, le nostre più recondite paure. Persino contro noi stessi, a volte troppo irrazionali, altre troppo razionali. Instabili, ma incapaci di arrenderci. La formazione del poeta Federico Del Monaco, che la parola ha studiato e che la parola è in grado di plasmare, è sullo sfondo di ogni lirica: ritroviamo la musica, lo scorrere dell’immagini di fronte al lettore, la capacità di raccontare di sé e dei sentimenti che vive. A volte contraddittori e forse per questo ancora più reali.

È un moderno Prometeo Federico Del Monaco: tenta di rompere le catene che la società contemporanea ha costruito per l’uomo del proprio tempo; al posto di un successo effimero, di un amore idealizzato, perfetto solo nel sogno (La donna dei sogni), del culto dell’estetica e delle sue icone (La caduta dell’estetica), di una serata senza pensieri in un locale in cerca di compagnia facile e fine a se stessa (Non è posto per me), il poeta preferisce sentire e vivere quei sentimenti contrastanti che caratterizzano l’esistenza. Amore e scrittura, che a ben vedere si legano insieme in quel binomio inscindibile per cui l’amore è scrittura e la scrittura è amore.

Si apre così la silloge Lo statico volo d’una rima: con l’invito a lasciar perdere la non-vita dello scrittore, ad abbracciare la deriva di una vita semplice, in cui il pensiero nasce e muore nello stesso luogo. Le parole sudate e a volte persino vomitate sono qualcosa da cui dovremmo scappare. Promettere solennemente di non scrivere più; se non funziona, provare con un esorcismo. Se anche questo mezzo si rivelasse inutile, non resta che andare avanti, onorando la scrittura, perché è più forte anche di noi.

Scrivere è certamente uno dei fili rossi che accompagnano il poeta e il lettore nella raccolta. Strumento di comunicazione, arma suprema con cui Del Monaco cerca di combattere la solitudine, il dolore per quello che è stato ed è andato perso; con cui rincorre sogni di carezza (A nudo); ma anche strumento abusato da chi della poesia si riempie la bocca per incensarsi (L’artista). La penna è compagna, arma, tesoro (Con la mia penna) e costruisce un mondo di cartapesta sull’intimo miraggio dell’autore (Miraggio).

Non mancano, poi, tributi a due grandi poeti: Ugo Foscolo e Dino Campana (Due ragazzi, Il matto è tornato).

La poesia crea ponti, è voce di Del Monaco e del suo cuore. Ed è proprio questo cuore, in conflitto, ma incapace di rinunciare all’amore, a pulsare pagina dopo pagina. La passione lo fa battere e muove la mano e la penna; dilaniante la capacità dell’altro di essere assente e presente, desiderato e rifiutato al contempo (Quel che non c’è, Allegro ricordo triste), in giochi di ricordi di storie buone da narrare (Infiniti momenti). Lo ritroviamo carta stagnola, incosciente quando si innamora (Carta stagnola) di qualcuno di cui, alla fine, oltre ai ricordi rimane solo qualche poesia.

Rinunciare all’amore? Impossibile, come rinunciare alla scrittura. Siamo portati a ricostruire, distruggendo tutto quello che ancora ci tiene insieme al passato, come una fotografia (Quella foto). Ci sentiamo soli, come la notte (Povera notte), chiusi dentro un sistema che ci illude di comunicare ma che alimenta ancora di più il nostro isolamento (Modernariato). Eppure, siamo esseri spaventati e assetati di futuro (Addio, addii). E alla fine, sarà proprio il cuore a vincere sulla logica, sulla ragione (Meccanismi mentali): l’amore è la scelta coraggiosa e necessaria che il poeta non può far a meno di compiere (Testamento).

Ho sempre creduto che la poesia fosse mettersi a nudo. La silloge Lo statico volo d’una rima è come una radiografia che non ci aspettavamo: vediamo dentro di noi, anche quelle parti di cui fatichiamo ad ammettere l’esistenza. Sono quelle che ci espongono, che ci fanno sentire vivi, a volte un po’ soli e incompresi. Ed ecco, tutti coloro che nella vita sono caduti e non si sono arresi, che hanno sofferto per amore ma hanno continuato a lottare non per un sogno calato magicamente dal cielo, ma per il quotidiano e reale, ecco, tutti loro si riconosceranno nelle parole di Del Monaco e si sentiranno abbracciati e capiti.

La poesia è amore.

L’amore è poesia.

E se mi è concessa un’ultima considerazione, il poeta vive d’amore e di poesia. Sono beni essenziali, necessari per la sua sopravvivenza. Nonostante il dolore e lo sconforto del conflitto, la silloge ci accompagna in un cammino di delicatezza, musicalità e forte speranza. Il sentiero e la meta sono fatti della stessa preziosa sostanza.

 

Del Monaco Federico, Lo statico volo d’una rima, Daimon Edizioni, 2021

 

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