Se la poesia è donna e la donna viene fatta tacere, può esistere ancora poesia nel mondo?

Se la poesia è donna e la donna viene fatta tacere, può esistere ancora poesia nel mondo?

Riflessioni su “Vox” – Christina Dalcher

 

 

 

Poesia: femminile, singolare.

La poesia è la voce dell’anima.

Voce: femminile, singolare.

Anima: femminile, singolare.

Poesia, voce, anima: questi sostantivi sono tutti femminili. Ogni poeta ha una propria voce e ogni poeta ha la propria Musa. La femminilità si intreccia alla poetica, proprio come nel nostro progetto. La singolarità assume anche il significato di particolarità, di peculiarità. In che modo tutto questo si lega al romanzo Vox? Se la poesia è donna, anche la comunicazione lo è.

Che cosa succederebbe se le parole diventassero proibite? O meglio: che cosa succederebbe se una categoria specifica di persone – quella femminile – non potesse pronunciare più di cento parole al giorno? E se le venisse tolta anche la possibilità di leggere e di scrivere? Se ogni suono fosse contato, se ogni gesto fosse registrato? Se la comunicazione diventasse quindi impossibile, preclusa a donne, ragazze, bambine? In questa ambientazione si sviluppa il romanzo d’esordio di Christina Dalcher, Vox, pubblicato per la prima volta nel 2018 da Editrice Nord.

Immagina di essere seduta a tavola e di osservare tuo marito e i vostri figli maschi parlare tra loro della scuola, del lavoro, della vita. Immagina di vedere tua figlia di appena sei anni con un contatore al polso. Immagina di conservare l’ultima parola, la più preziosa, proprio per augurarle la buona notte. Non puoi leggerle una storia, né inventartene una.

Immagina di vivere in un mondo dove le donne non abbiano accesso all’educazione, o almeno non a quella a cui siamo abituati.

Un sistema educativo differenziale, sia per struttura che per discipline. Per loro nessun libro, nessun quaderno, ma economia domestica, educazione fisica e gestione famigliare. Forse stai facendo un grande sforzo di fantasia, oppure stai pensando che l’ambientazione di questo libro, come in ogni distopico che si rispetti, contiene fugaci impressioni della nostra realtà. Campanelli che suonano, che ci mettono in guardia. Dove l’hai già visto? Su quale giornale l’hai già letto? Che cosa succederebbe se le donne non potessero più comunicare? Sembra una domanda astratta, ma basta guardarsi intorno per capire quanto sia reale questa minaccia.

È un romanzo per donne? Nell’ultimo periodo ho letto molta distopia al femminile (scritta da donne, incentrata soprattutto sulle donne) e ogni volta mi aspetto questa domanda. Non amo pensare che esistano letture per uomini e altre per donne. Credo che sia importante che tutti leggano storie che parlano di disuguaglianza, di discriminazione, di violenza. Perché costringere al silenzio è una delle tante forme di violenza che ogni giorno, in ogni parte del mondo, alcune persone subiscono. L’obiettivo di ogni distopico dovrebbe essere quello di far riflettere sulla realtà contemporanea, ammonire sui pericoli futuri. Non esistono immuni quando in ballo c’è la libertà personale.

In Vox la protagonista è donna, moglie, madre, amica, amante, lavoratrice, ribelle. Accoglie in sé tutte le sfumature che tendono a sfuggire dalla definizione tradizionale, perché è una madre che a un tratto, nella narrazione, si trova a guardare con disgusto uno dei propri figli. Intorno a lei ruotano le vicende della sua famiglia, dei colleghi, di un governo americano sordo alle voci femminili. In un’isola di silenzio forzato, la ribellione esplode in un canto di protesta. Dapprima sono solo gesti, poi brusii. Poi grida, alcune voci sono melodie stonate, altre armoniose. Qualcuna arriva a lasciarsi friggere dalle scariche elettriche del proprio contatore per aver superato ogni limite.

Se fosse stato scritto in un’altra epoca, forse la forma di Vox sarebbe stata più delicata e poetica. Christina Dalcher ha raccontato una storia ricca di dettagli tecnici grazie alla sua formazione in linguistica. Alcuni elementi sono crudi, ma il ritmo è estremamente coinvolgente per buona parte del libro. Mentre lo leggevo sono stata trascinata in quel mondo e quando riemergevo soppesavo con più attenzione ogni parola che pronunciavo. Non una lettura facile, ma uno di quei libri che lasciano il segno e che potrebbero piacere anche a quelle persone che credono di non apprezzare il genere fantastico. Perché usando la distopia abbiamo la possibilità di trattare liberamente della realtà.

Le domande che questa lettura mi ha lasciato sono molte. Vorrei condividerne con te qualcuna:

  1. È possibile non comunicare? Oppure tutto ciò che facciamo è un atto di comunicazione, rivolto a sé o ad altri?
  2. Se il mondo prova a metterti in catene, chi osserva, senza opporsi, senza correre in tuo aiuto, è complice di quel delitto?
  3. Si possono amare due persone diverse nello stesso momento?
  4. Se dovessi scegliere tra salvare la persona per te più cara al mondo o dare speranza al resto della sua popolazione, che strada prenderesti?
  5. Ultima, ma non meno importante: se la poesia è donna, ma la donna viene fatta tacere, può esistere ancora poesia nel mondo?

Almeno dell’ultima, credo di conoscere la risposta. E tu?

 

 

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